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DICONO DI ME

Articoli e recensioni

ARTEMICIA è comparso/a su diversi media sia per i lavori individuali che per le collaborazioni. Qui di seguito puoi leggere gli articoli più recenti che riguardano il suo lavoro, e scorrendo la pagina verso il basso, troverai altro materiale correlato.

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FANTASTICHE EVASIONI
COLLETTIVA DI PITTURA

Elisabetta Di Chio, o Artemicia, ci presenta due acquerelli che vedono come protagonisti due gatti, soggetto che si fa firma della sua arte, in quanto grande amore della sua vita. Elisabetta è un’appassionata amante dei gatti che, non solo fanno parte della sua esistenza  nella quotidianità famigliare, ma sono la colonna portante attorno alla quale dà voce alla sua pittura. Gatti colti nel loro ambiente domestico, in pose famigliari e consuete. Altezzoso, vigile al controllo dall’alto di un ripiano da dover poter dominare e controllare tutto ciò che  accade o sta per accadere attorno a lui. Innocente nel suo sguardo, come chi ha combinato una marachella ma finge indifferenza dinnanzi al suo umano.  O un gatto che si risveglia, dopo uno dei suoi tanti sonnellini giornalieri. Elisabetta racconta i suoi gatti, così, come realmente si svelano dinnanzi agli occhi, facendo sì che queste sue opere possano essere paragonate a scatti fotografici che fissano quel preciso momento, quell’istante, unico e irripetibile, condividendo con noi, uno spaccato della sua vita famigliare. Sguardo fiero, sicuro, che si fa traduzione di un portamento sensuale, sinuoso, e, al contempo misterioso. Nell’antichità come accadde per il gatto, venerato, nel Medioevo e Rinascimento temuto e per questo portatore di disgrazia e strumento di malefici da parte di streghe nei loro sabbath. In quegli occhi ghiaccio che penetrano lo sguardo dell’osservatore si può leggere l’ambiguità di quest’animale, quell’ambivalenza che lo porta, da sempre, a muoversi tra razionale e irrazionale, tra tangibile e infinito, tra terreno e ultraterreno, attribuendogli poteri magici e taumaturgici, quasi si facesse tramite tra ciò che siamo noi, esseri imperfetti e fragili, collocati nella nostra dimensione quotidiana e ciò che è la nostra dimensione più spirituale, metafisica, come se in quello sguardo rivolto a noi si nascondesse un messaggio recondito, a noi indirizzato che ancora non possiamo decifrare.




Dott.ssa Ombretta Frezza Critica e Storica dell’Arte

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